Giorgio Gianoncelli

Valtellinese nato a Tresivio nel 1935 Storico e poeta per passione, "armato" di sola carta e penna, ma non comune sensibilita', scrisse rime, poesie e varie recensioni, atte a promuovere e sostenere il territorio che gli ha dato i natali e dove ha vissuto. Instancabile organizzatore e promotore di eventi ed incontri culturali, fra i quali ricordiamo la presentazione dell' opera "l'ULTIMA CARTOLINA DA PRASOMASO" libro dallo stesso scritto e curato. Giorgio Gianoncelli, attraverso foto, cartoline e documenti inediti, racconta cosi', la storia di Prasomaso dalla nascita al suo totale abbandono e degrado attuale. Il racconto e' arricchito da poesie intrise di rara umanita' e racconti che, calandosi nel "particolare" ne fanno un documento storico veramente unico. Degli scritti di Gianoncelli e dalle ricerche storiche su Prasomaso, anche in rete, e nei vari social vi sono condivisioni e passaggi. Tra i quali anche il nostro sito faceebok al quale rimandiamo i lettori interessati ad ampliare le conoscenze di questa importante figura e dei suoi scritti su Prasomaso e sul territorio valtellinese di cui è stato, fino all'ultimo, instancabile descrittore e ostinato difensore! 

Va inoltre riconosciuta a Giorgio, la sua ferma convinzione, che : "non va dimenticato il nostro passato, ma valorizzato, poiche', trattasi della genesi del nostro presente! Affidava poi, alle sue storie ed ai racconti, un potere particolare. Ha infine evidenziato una grande capacita' di catturare il lettore, portando una luce diversa, talvolta inedita, sul modo di condividere fatti ed emozioni, provenienti dai vari luoghi osservati e nel fluire del tempo.


"Persumas" (Prasomaso)

Anonimo tresiviasco


Persumas le'n post d'pas ch'I ven dopú '| Paradis! L'aria fina ala matina l'era tanta medesina peribaghaj dela briansa ch'igh' fava permanensa a guari la malatia ch'la nebbia d'ea sõa 'Iprucurava 'n grant misura.

Tanta gent 'I ghè pasät gioven, bej, ma tant malät. Cun l'aiût d' l'aria pura ipidèva fala cura asistit da Prufesòr chi l'seva nômal'dor chi quel post l'era impurtânt

cumè lpan e tucci Sant. E la cura l'èera quela tant pusa e aria pura. camina'*n per mezz ai bosch piend'laresed'pese. perinsist a respira renta aria cun la rasa,

ch'ai pulmon la favaben e la dava tant sereni. Da lasûu I panurâma

leimpunentemaestös la cadêna di Uròbi

le davantia tucciocc, quandu poeu '1 ghè la luna Te basta slunga i man peraveck quela ilusion d'gulâ luntan luntan... Qunadu '1 soue 'Il' lambis Ighèn' pas da Paradis es'*Ipiôfo 'Iven la nel "soo clima lè lu stess. pèrtancagn l'èstac 1post d'speransa d' la vita, perpude turnà 'nsalut e fa quel chifa'n potuce.

L'uspedà ch '1 ghèra sûu imilanes i la facesûn e '1ghstava tanta gent a laura serenaret. Ma da quandu per lascensa la malatia la na facc sensa. Infermèe, laurdoo

cuj dutore impiegâtt, aunaunis'nèndace.

Le restàt nôma la ca sensa gente paravent

pertancagnlaresistit ala man d' tanc bandir.

Il parco delle felci di Prasomaso


Tra primitivi vegetali

sull’alpine coste spicca la felce

dirama senza fiori e di semi priva

lunghe fronde simili al codone del pavone

qua e là dal sole arse come saggina

le fronde macchiano Il verde parco tra un passo e un altro osservo dalla strada una ripida radura di felci colma  come intenso orto di verzura.

La Panchina di Prasomaso

Vecchia panchina oltraggiata dal tempo solitaria nel triste abbandono resisti al disprezzo dell’uomo da quando ha chiuso i cancelli sei rimasta lì solitaria a ricordare dei fanciulli Il volto smagrito da tempo nessuno s’accomoda sul tuo umile sedile nessuno ti rivolge lo sguardo  hai superato cento anni alcuni listelli li hai persi corrosi dal clima e quelli rimasti son colmi di muffa Sei all’agonia ardita panchina due nevate ancora poi l'eroico crollo solamente lo scheletro apparirà agli uccelli ferro arrugginito nella dolcezza del parco abbandonato tra platani maestosi e rovi a ricordare il ritorno alla vita di quelle schiere di fanciulli lontani.