Antonio Monteleone

Il libro degli ospiti di Prasomaso 

 scrive  Benedetta M. che frequenta la classe 4° Primaria.

… “A gennaio 2023 i miei genitori hanno comprato per farmi stare meglio una casetta in montagna a Prasomaso. Si trova a 1200 metri S.l.m. in Valtellina. Di fronte alla mia finestra, vedo ogni giorno questa grande struttura fatta di pietra, con contorni rossi rovinata dal tempo, ormai chiusa da anni. Questo è il sanatorio dove tanti anni fa curavano bambini e adulti da una brutta malattia, chiamata tubercolosi. Quando sono in montagna salgo spesso per arrivare al Sanatorio, entrando si respira aria fredda e profumata di Pino e di fiori di campo. Si sentono canti di grilli e di uccellini. Camminando dentro sento sotto le scarpe rumore di pigne secche e pezzi di vetro rotti dal tempo e dalle persone. Io provo tanta tristezza per l’abbandono di questo posto.  Entrando, dove si può senza pericolo, trovo quello che è rimasto: termosifoni di ferro, piastrelle di ceramica rotte, soffitti di legno caduti ormai rovinati dalla pioggia e dalla neve. In altre stanze ho visto cartoline scolorite, rovinate e vecchi registri abbandonati. Questa è una piccola parte di questo posto magico, abbandonato tra pini e querce quasi alti come il cielo: e io mi sento piccola piccola.” … 

Benedetta M.


Prendendo in mano questo libro sono certo che ti chiederai il perché.

Nasce dalla voglia d’informare e rendere tutti consci di quanto, negli anni, la Medicina ha fatto per curare e studiare una malattia assai grave come la tubercolosi. Il mio avvicinarmi a Prasomaso è dovuto a motivi personali. La scelta riveste poi tanta importanza: nel voler migliore le condizioni di salute di mia figlia. La convinzione che all’altezza di 1250 metri s.l.m., l’aria fresca e balsamica rende il posto vivibile e sano tale da essere un luogo di “cura” aggiuntiva agli attuali mali stagionali.

Pian piano e giorno dopo giorno ho potuto constatare che la mia convinzione era pura realtà. Documentandomi sempre più ho scoperto il Sanatorio di Prasomaso, ben presto ho trovato ex degenti e persone che il sanatorio lo avevano vissuto, anche indirettamente per famigliari che vi lavoravano e per altre motivazioni, con questi ho instaurato buoni rapporti amichevoli che mi hanno motivato a contribuire e allargare la conoscenza di questo luogo.

È mia convinzione che si possa essere di aiuto alle generazioni future ricordando la vita e la storia di questo posto. Già tanti si sono attivati a tenere viva la memoria di questo luogo: la grandezza e le motivazioni per cui è stato costruito e l’attuale realtà di abbandono di questa struttura sanatoriale in cui personale medico e paramedico, di supporto e volontari come le suore, si sono dedicate a prendersi cura di tanti malati ricoverati affetti da Tubercolosi.

Grazie alla ricerca la Medicina è stata capace di migliorare conoscenze e cure così è stato nel 1970 con l’avvento degli antibiotici hanno permesso di curare a casa propria i pazienti affetti da Tubercolosi e sancito così la fine dell’era di Sanatori.

Dopo il 1970 il Sanatorio di Prasomaso iniziò il suo declino fino alla completa chiusura, avviando la sua inarrestabile rovina: la natura e il tempo, da una parte, a cui si aggiunse la mano dell’uomo avido è stata fatale nella distruzione di quel patrimonio di civiltà e di cura.

Auspico che leggendo questi racconti di vita vissuta e con l’aiuto di alcuni reperti fotografici, si possa con la mente ripercorrere quel che è stato vissuto da tante persone ex degenti, ora diventati uomini e donne e molti altri che purtroppo non sono più con noi in questa vita terrena.

Ogni giorno Prasomaso perde un suo pezzo di vita, ma nel contempo in ogni giorno possiamo ricordare quel tanto di buono che ha permesso di fare nel progetto di “Cura”: il ricordo oggi è tutto, ciò che rimane come memoria tramandata da pochi rimasti legati al Sanatorio.